Economia e Diritti

Pensione, nel 2026 cambia tutto: ecco perché i contributi e l’età non conteranno più per l’uscita dal lavoro

Pensioni 2026Pensioni 2026: tutte le novità - (ripam.it)

Dal 2026 nuove regole sulle pensioni: introdotta una soglia minima sull’assegno per il contributivo puro. Tutte le novità

Il sistema previdenziale italiano si prepara a una significativa riforma a partire dal 2026, con nuove regole che modificano sensibilmente l’accesso alla pensione, soprattutto per chi rientra nel regime contributivo puro.

Le novità principali riguardano l’introduzione di una soglia minima sull’importo dell’assegno pensionistico e il progressivo restringimento delle possibilità di pensionamento anticipato, in un contesto in cui aumentano anche i requisiti anagrafici e contributivi.

Pensioni 2026: la soglia minima sull’assegno per il sistema contributivo puro

Dal prossimo anno, per i lavoratori iscritti al sistema contributivo puro, ossia coloro che hanno iniziato a versare contributi dal 1° gennaio 1996 o sono iscritti a specifiche gestioni come la gestione separata, il diritto alla pensione di vecchiaia non sarà più determinato esclusivamente da età e anni di contribuzione. A fianco del requisito dei 67 anni di età e dei 20 anni di contributi, si affianca l’obbligo di superare una soglia minima di importo dell’assegno pensionistico, fissata per il 2026 a circa 546 euro mensili.

Novità pensioni 2026

Cosa attende i pensionati nel 2026? – (ripam.it)

Questa soglia corrisponde a una volta e mezza l’assegno sociale, stimato intorno a 364 euro nella sua misura base. Chi non raggiungerà questo importo, pur avendo maturato i requisiti anagrafici e contributivi, non potrà richiedere subito la pensione, dovendo continuare a lavorare o attendere il compimento dei 70 anni. A quest’età, la pensione contributiva viene comunque riconosciuta anche se l’assegno è inferiore, a patto che siano stati versati almeno cinque anni di contributi effettivi.

Per la pensione anticipata contributiva a 64 anni, la soglia economica è ancora più elevata: l’assegno deve raggiungere almeno 2,8 volte l’assegno sociale, ovvero circa 1.638 euro mensili. Anche con i 25 anni di contributi richiesti, chi non raggiunge questo importo non potrà accedere all’uscita anticipata, salvo alcune deroghe per le lavoratrici con figli, secondo la Legge 190 del 2014.

Va precisato che queste restrizioni non riguardano i lavoratori rientranti nel sistema misto, cioè chi ha almeno un contributo prima del 31 dicembre 1995: per questi la pensione di vecchiaia e quella anticipata ordinaria si basano ancora unicamente su età e contributi, senza soglie economiche minime.

Parallelamente all’introduzione della soglia minima sull’assegno, il 2026 segna un ridimensionamento delle misure di flessibilità in uscita. Secondo le ultime bozze della Legge di Bilancio, Quota 103 e Opzione Donna non saranno più previste dal prossimo anno, dopo una lunga serie di proroghe.

Quota 103 permetteva l’uscita con 62 anni di età e 41 di contributi, mentre Opzione Donna era riservata alle lavoratrici con almeno 61 anni e 35 anni di versamenti. La loro eventuale estensione dipenderà dalla disponibilità di coperture finanziarie e dall’esito degli emendamenti parlamentari, ma al momento la loro cessazione sembra probabile.

L’unica misura di uscita anticipata confermata per il 2026 è l’Ape Sociale, dedicata a disoccupati di lungo periodo, caregiver, persone con disabilità e lavoratori impiegati in attività gravose o usuranti. Per tutti gli altri, salvo interventi legislativi dell’ultimo minuto, la possibilità di pensionamento anticipato si riduce drasticamente.

Nonostante l’accesso più selettivo alla pensione, il 2026 porterà alcune novità positive sul fronte degli importi pensionistici. Gli assegni saranno rivalutati in base all’inflazione, stimata all’1,4%, con un meccanismo di perequazione progressiva che tutela maggiormente le pensioni più basse. A ciò si aggiunge la riduzione della seconda aliquota Irpef dal 35% al 33%, che si tradurrà in un aumento netto delle somme percepite.

Per i pensionati con assegni medio-bassi, l’incremento mensile potrà variare tra i 45 e i 65 euro, mentre per pensioni più alte l’aumento sarà più contenuto. L’importo della pensione minima crescerà anch’esso, raggiungendo circa 613 euro mensili, tenuto conto di rivalutazioni e maggiorazioni.

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